Il Tutto: l’insieme completo di tutte le cose.
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Quando per la prima volta ho percepito, con una nitidezza davvero insospettata, il significato profondo di questo concetto – il Tutto eterno – è stata come una liberazione salvifica. La straordinaria scoperta che almeno in una cosa la morte non avrebbe avuto potere su di me. Almeno in una cosa!
Essa avrà forse il potere di spogliarmi di quanto la vita mi ha elargito, potrà strapparmi dai miei cari, potrà recidermi dai miei titoli e da tutti i miei averi; ma, su di me, su quello che davvero sono io, su quel non-nulla che di certo sono, non avrà alcun potere!
La morte non potrà strapparmi dal regno del Tutto, non potrà gettarmi nell’abisso senza fondo del Nulla più assoluto. Questo non è possibile!
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Se una sola cosa, si trattasse pure dell’inezia più insignificante, sfuggisse al Tutto – si sottraesse dall’insieme di tutte le cose – quel Tutto, quello sconfinato insieme, quell’insieme di tutti gl’insiemi, non potrebbe più definirsi l’insieme completo di tutte le cose. A quel punto si dovrebbe rivedere la sua figura e il suo contorno, si dovrebbe allargare il perimetro della sua estensione fino a comprendere di nuovo quell’insignificante cosa che gli fosse sfuggita. Solo allora potrebbe dirsi effettivamente il Tutto, l’insieme completo di tutte le cose.
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Veniamo ora al dunque: qualunque cosa io sia, dovrò appartenere al Tutto e nessuna forza, per quanto potente possa essere, avrà il potere di sottrarmi da esso! Mi si potrà obbiettare che io non sono una cosa ma una persona. Certo, sono una persona, e in quanto tale non sono un nulla. Poiché non sono nulla son pur qualcosa! Nessuna forza, nessuna volontà, nessun artefice, per quanto potente possa essere, potrà strapparmi dal Tutto.
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A nessuna entità può essere riconosciuto il potere d’alienare dal Tutto questo non-nulla che sono. Se questo non-nulla venisse a mancare, il Tutto non potrebbe più essere il Tutto!
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È necessario che io, io pure, sia compreso nell’onnicomprensivo Tutto. Per di più esso non può dipendere dalle dimensioni del tempo. È escluso che quello che sarà il Tutto nel futuro possa essere diverso da quello che è nel presente. Se il Tutto futuro fosse diverso da quello presente uno dei due non sarebbe il Tutto. Lo stesso valga per ciò che fu il Tutto nel passato. È dunque necessario che io sia compreso, e lo sia eternamente! nel Tutto eterno.
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“Perfino gli dèi devono sottostare al fato” proclamò la Sibilla dell’Oracolo di Delfi. Neppure a un Dio onnipotente può essere riconosciuto un potere d’intervento sulle determinazioni della Necessità, su ciò che è impossibile che non sia. Neppure alla morte può essere attribuito un tale potere.
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È necessario che l’impossibile non sia possibile: se alcunché d’impossibile fosse possibile non sarebbe impossibile…
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Note:
* Un Tutto includente, dal quale nulla può sfuggire. Concetto ben noto anche al mondo orientale:
– “Tutto è una sola legge, non due” Mumon.
– “Tutto è buono!” Gn1,31.
– “Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita. E se Siddharta ascoltava attentamente questo fiume, questo canto dalle mille voci, se non porgeva ascolto né al dolore né al riso, se non legava la propria anima a una di quelle voci e se non s’impersonava in essa col proprio io, ma tutte le udiva, percepiva il Tutto, l’Unità, e allora il grande canto delle mille voci consisteva di un’unica parola, e quella parola era Om [sillaba sacra]: la perfezione” Hermann Hesse.
– “Melete to pan” (Pensa al Tutto) Periandro di Corinto, uno dei Sette savi della Grecia.
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Marco Rossi della Mirandola (2022).
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Brano tratto da Il Padano, Editore Gruppo Albatros Il Filo; Roma, 2022, pag. 273.

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