Del semaforo intelligente

Composizione grafica con topografia di una città e di un cip di silico, messi a confronto.

Incerta, assai opinabile è la reale intelligenza della AI, quella dei semafori salta agli occhi, è più che evidente.

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Nessuno s’interroga sulla intelligenza del semaforo, probabilmente per la sua luminosa semplicità, ci s’interroga invece sulla intelligenza di quella scatola nera, del tutto sconosciuta ai più, chiamata computer, senza avvedersi che il computer è composto da una miriade di dispositivi (sia hardware che software) sostanzialmente identici al banale semaforo. Si tratta di valvole, sia nella loro versione hardware (transistor) che in quella software (gate). Se ne dovrebbe concludere che, poiché al semaforo viene attribuita una intelligenza pari a zero, pure alla IA spetterebbe lo stesso fattore d’intelligenza (la somma di tanti zero, per quanto grande sia il loro numero, è sempre zero).

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Ma siamo proprio sicuri che il semaforo non possieda una qualche forma d’intelligenza?

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Se non esistessero i semafori, ad esempio, potrebbero esistere le metropoli? L’ingorgo perpetuo del traffico sarebbe tale da renderle invivibili.

E senza metropoli potrebbe esistere quella intensissima interazione umana, condizione fondamentale per il fermento delle idee: il motore di ogni progresso tecnologico?

Si può obiettare che con l’avvento di Internet si potrebbe benissimo fare a meno delle metropoli, e fare anche meglio; ma Internet, per l’appunto, non è forse fatto di computer, di semafori?

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Se dunque riconosciamo che almeno una briciola della sua intelligenza, l’uomo la deve al banale semaforo, quanto più dovremo riconoscere intelligente la AI, la intelligenza artificiale.

Rimane assai dubbia la possibilità che la AI possa avere una qualche intelligenza “meccanica” sua propria; ma che la AI possa agire come fattore moltiplicativo dell’intelligenza umana, questo pare evidente, almeno quanto è evidente l’apporto di intelligenza attribuibile alla presenza dei semafori nelle metropoli.

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Tuttavia un grave quesito non vien meno: assodato l’apporto innegabile d’intelligenza dovuto alle macchine, specie alla AI (se non altro per quanto riguarda la velocità di acquisizione ed interazione dei dati), siamo certi che da tutto ciò seguirà una maggiore gioia di vivere, una maggiore pienezza esistenziale?

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Marco Rossi della Mirandola (07/02/2025).

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