Linguaggio e tecnologia sono due facce della stessa medaglia
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Il martello pianta il chiodo.
Lo scalpello scolpisce la statua.
Il calcolatore calcola la radice quadrata.
La AI traduce il testo del documento.
Il robot, con il martello, pianta il chiodo…
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Queste cinque frasi sembrano avvicinarsi progressivamente al vero. Non ci sogniamo di dire: “Il martello pianta il chiodo”, ma l’espressione: “La AI traduce il testo del documento” non ci risulta altrettanto sciocca. In un futuro ormai chiaramente presagibile non ci farà specie il dire: “Il robot, con il martello, pianta il chiodo nel muro, poi appende il quadro al chiodo”.
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Pare che il linguaggio che usiamo nei confronti delle macchine, finisca per plasmare la percezione che abbiamo di esse.
Le macchine, tutte quante, non agiscono, se non metaforicamente. Per descrivere il mondo delle macchine usiamo lo stesso linguaggio del mondo dell’uomo, questo uso metaforico del linguaggio è improprio, e finisce per creare una tale illusione da restarne invischiati, suggestionati, finanche abbindolati.
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La sola idea che all’uomo sia concessa l’azione, è visione meccanica dell’uomo, la presunta azione delle macchine è un prolungamento della visione meccanica che l’uomo già ha di sé, ed è al linguaggio che deve questa visione. La macchina è una protesi di questa precisa visione, che l’uomo ha di sé medesimo. Solo se l’uomo pensa sé stesso come macchina e come macchina pensa di agire, può credere che le macchine agiscano.
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Marco Rossi della Mirandola (03/04/25).

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