Le diverse facce del tempo

Il tempo dell’esperienza elementare, del senso comune

È l’impetuosa corrente di un fiume. “Vana follia nuotare contro la corrente di un fiume in piena” saggezza Zen. 

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Il tempo scientifico, della fisica classica

È un’astrazione. Non puoi fare esperienza, esperienza nuda e cruda s’intende (non quella mediata dalla protesi tecnologica: il cannocchiale piuttosto che il microscopio, l’oscilloscopio piuttosto che il radiotelescopio, ecc.), non puoi fare esperienza di un nanosecondo (un miliardesimo di secondo), neppure ti è possibile immaginare concretamente la durata di un miliardo di anni. Si tratta di astrazioni, numeri senza corpo, parole senza vita. 

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Il tempo teoretico, quello secondo necessità

È un’illusione, una fede, una follia. È il senso della necessità a sostenere: “dal nulla, nulla è generato”.

Se dunque è necessario che il tempo, come qualunque altra cosa, non abbia origine – che scaturirebbe dal nulla – esso dev’essere senza cominciamento, senza inizio né fine: infinito, eterno.

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L’eterno non è un tempo lunghissimo, è un al di là del tempo, un al di là di ogni lunghezza e di ogni grandezza della misurazione, uno smisurato infinito.

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Se la realtà del tempo è di essere infinito (un al di là del tempo misurabile), la durata (una quantità finita e misurata di tempo) è impossibile, una pia illusione.

Stando così le cose, appare quanta follia si celi nella volontà di misurare il tempo, come voler pesare una illusione sulla bilancia: “Desiderio d’eunuco che vuole possedere una vergine […]” Ecli20:3… 

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Marco Rossi della Mirandola (05/06/22).

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Testo del Post presente sulla App “Marco Rossi della Mirandola”.