In genere quando si ragiona sul rapporto fra geometria e natura, si pensa subito a Galileo Galilei e a Isaac Newton, immediatamente dopo alla Geometria analitica di Cartesio.
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A mio avviso ci si dovrebbe chiedere se, queste fondamentali intuizioni sull’analisi-penetrazione del luogo in cui i corpi sensibili si collocano, “luogo” comunemente inteso come spazio fisico, sarebbero state possibili se prima, architetti e pittori, non avessero intuito la Prospettiva lineare: nella fattispecie figure fondamentali del ‘400 come Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti.
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Certo, anche Giotto ha colto il problema, ne restano evidenti testimonianze nelle sue opere, ma, nel grande pittore dei primi del ‘300, l’analisi spaziale non sconfina dalla sfera immaginativo-contemplativa (mentale, spirituale, “metafisica”), non si è posta come sistema di misurazione quantitativa dello spazio fisico.
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Vedo nella Prospettiva lineare – strumento scientifico più che artistico – un primo tentativo di codificazione del nuovo ambiente “naturale” – ambiente umanistico – in cui l’uomo in carne ed ossa si scopre fisicamente collocato. Ogni speculazione sullo spazio, che succederà alla suddetta intuizione, compresa la Relatività Generale di Albert Einstein (estrema elaborazione del ‘900, della Geometria analitica cartesiana), dovrà riconoscere in essa le sue prime tracce.
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Marco Rossi della Mirandola (26/08/24).

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